Com'è cambiato l'esame di maturità negli anni?
Terminare i cinque anni delle superiori è un importante traguardo che per essere raggiunto richiede il superamento di un grande esame, l’esame di maturità.
Con la pandemia, l’esame di maturità si è visto trasformato, ridotto ad un maxi orale che racchiudeva tutte le prove che per anni hanno composto la prova di maturità.
Ma come è cambiato negli anni questo esame tanto importante che segna la fine dell’insegnamento scolastico e dà inizio alla vita adulta verso l’università ed il lavoro?
Nonostante la maturità sia ancora una sfida per tanti studenti in tutta Italia, se prendiamo in considerazione corsi come quelli di Grandi Scuole a Palermo è possibile acquisire tutti gli strumenti necessari e diplomarsi facilmente.
Nel corso degli anni le prove sono però cambiate, ma sono diventate anche più difficili? Vediamo com’è cambiato l’esame di maturità negli anni.
Esame di maturità: dalle origini ad oggi
Il grande esame di maturità, a volte chiamato anche esame di Stato, è stato introdotto per la prima volta nel 1923 da Giovanni Gentile e consisteva in quattro prove scritte più una prova orale. A giudicare era la commissione, composta interamente da docenti esterni che venivano nominati dal ministero.
I primi cambiamenti sono giunti con il regime fascista che ha semplificato e reso meno rigido l’esame. Infatti, nel 1937 Cesare Maria De Vecchi riduce il programma d’esame a quello dell’ultimo anno frequentato mentre nel 1940 Giuseppe Bottai introduce i cosiddetti giudici naturali. Si tratta di una commissione composta dai docenti dello stesso istituto più il presidente, ossia un professore universitario, e un vicepresidente, ossia un preside, entrambi nominati dal ministero.
Altre novità furono introdotte nel 1947, anno in cui si ritorna agli esami di stato e alla commissione per com’era prima della guerra, ma introducendo commissari interni che affiancavano quelli esterni. Anche il programma dell’esame cambia, limitandosi agli ultimi due anni di studio.
Cambia ancora l’esame di maturità nel 1969, quando Fiorentino Sullo propone degli esami facilitati con solo due prove scritte e due materie per l’orale, di cui una a scelta del candidato. Vengono, inoltre, aboliti gli esami di riparazione mentre viene introdotto il giudizio di ammissione del consiglio di classe. Il punteggio finale è espresso in sessantesimi e con la liberalizzazione degli accessi agli studi universitari, l’esame di maturità è esteso a tutti i corsi di studio dei cicli quadriennali e quinquennali di istruzione secondaria superiore. Infatti, fino a quel momento l’esame era previsto solamente nei licei.
Le novità a partire dagli anni 90
Nel 1997 arrivano ulteriori modifiche all’esame di maturità, con il ministro Luigi Berlinguer, che introduce gli “esami di Stato” sostituendo gli “esami di maturità”.
Vengono introdotti i crediti scolastici e i crediti formativi fino ad un massimo di 20 punti. Le prove scritte sono tre con un massimo di 45 punti a prova.
Invece, l’esame orale vale un massimo di 35 punti e comprende tutte le discipline studiate nell’ultimo anno di scuola. La valutazione è espressa in centesimi, con 60 che rappresenta la sufficienza. La commissione è composta per metà da docenti interni e per l’altra metà da membri esterni, composizione che cambia solo dal 2001 al 2006 con Letizia Moratti, per poi tornare alle condizioni precedenti.
Cambia il credito scolastico che passa da 20 a 25 punti, mentre la prova orale finale scende a 30 punti.
Infine, con la ministra Mariastella Gelmini, nel 2009 viene introdotta una nuova regola: all’esame di maturità, o di Stato, vengono ammessi solamente gli studenti che hanno raggiunto la sufficienza in tutte le materie. Di conseguenza non è sufficiente raggiungere la media complessiva di 6/10.
Nonostante sia diventato più complicato arrivare all’esame di Stato, essendo richiesta la sufficienza in tutte le materie, oggi il 96% degli studenti supera con successo l’esame, contro il 72% del 1960.
Con la pandemia, l’esame di maturità si è visto trasformato, ridotto ad un maxi orale che racchiudeva tutte le prove che per anni hanno composto la prova di maturità.
Ma come è cambiato negli anni questo esame tanto importante che segna la fine dell’insegnamento scolastico e dà inizio alla vita adulta verso l’università ed il lavoro?
Nonostante la maturità sia ancora una sfida per tanti studenti in tutta Italia, se prendiamo in considerazione corsi come quelli di Grandi Scuole a Palermo è possibile acquisire tutti gli strumenti necessari e diplomarsi facilmente.
Nel corso degli anni le prove sono però cambiate, ma sono diventate anche più difficili? Vediamo com’è cambiato l’esame di maturità negli anni.
Esame di maturità: dalle origini ad oggi
Il grande esame di maturità, a volte chiamato anche esame di Stato, è stato introdotto per la prima volta nel 1923 da Giovanni Gentile e consisteva in quattro prove scritte più una prova orale. A giudicare era la commissione, composta interamente da docenti esterni che venivano nominati dal ministero.
I primi cambiamenti sono giunti con il regime fascista che ha semplificato e reso meno rigido l’esame. Infatti, nel 1937 Cesare Maria De Vecchi riduce il programma d’esame a quello dell’ultimo anno frequentato mentre nel 1940 Giuseppe Bottai introduce i cosiddetti giudici naturali. Si tratta di una commissione composta dai docenti dello stesso istituto più il presidente, ossia un professore universitario, e un vicepresidente, ossia un preside, entrambi nominati dal ministero.
Altre novità furono introdotte nel 1947, anno in cui si ritorna agli esami di stato e alla commissione per com’era prima della guerra, ma introducendo commissari interni che affiancavano quelli esterni. Anche il programma dell’esame cambia, limitandosi agli ultimi due anni di studio.
Cambia ancora l’esame di maturità nel 1969, quando Fiorentino Sullo propone degli esami facilitati con solo due prove scritte e due materie per l’orale, di cui una a scelta del candidato. Vengono, inoltre, aboliti gli esami di riparazione mentre viene introdotto il giudizio di ammissione del consiglio di classe. Il punteggio finale è espresso in sessantesimi e con la liberalizzazione degli accessi agli studi universitari, l’esame di maturità è esteso a tutti i corsi di studio dei cicli quadriennali e quinquennali di istruzione secondaria superiore. Infatti, fino a quel momento l’esame era previsto solamente nei licei.
Le novità a partire dagli anni 90
Nel 1997 arrivano ulteriori modifiche all’esame di maturità, con il ministro Luigi Berlinguer, che introduce gli “esami di Stato” sostituendo gli “esami di maturità”.
Vengono introdotti i crediti scolastici e i crediti formativi fino ad un massimo di 20 punti. Le prove scritte sono tre con un massimo di 45 punti a prova.
Invece, l’esame orale vale un massimo di 35 punti e comprende tutte le discipline studiate nell’ultimo anno di scuola. La valutazione è espressa in centesimi, con 60 che rappresenta la sufficienza. La commissione è composta per metà da docenti interni e per l’altra metà da membri esterni, composizione che cambia solo dal 2001 al 2006 con Letizia Moratti, per poi tornare alle condizioni precedenti.
Cambia il credito scolastico che passa da 20 a 25 punti, mentre la prova orale finale scende a 30 punti.
Infine, con la ministra Mariastella Gelmini, nel 2009 viene introdotta una nuova regola: all’esame di maturità, o di Stato, vengono ammessi solamente gli studenti che hanno raggiunto la sufficienza in tutte le materie. Di conseguenza non è sufficiente raggiungere la media complessiva di 6/10.
Nonostante sia diventato più complicato arrivare all’esame di Stato, essendo richiesta la sufficienza in tutte le materie, oggi il 96% degli studenti supera con successo l’esame, contro il 72% del 1960.